Fourth: Sogno o son desta?

Fourth: Sogno o son desta?

Una mattina mi son svegliata e il mondo in cui vivevo era a soqquadro. Gli assi cartesiani avevano preso direzioni tutte loro; il confine tra giusto e sbagliato era scomparso, andare a correre era un’azione pericolosa e bere un caffè con un’amica in un bar era motivo di pericolo per la società.

Il traffico era scomparso, la Milano-Meda e la tangenziale est erano popolate solo da gazze ladre e nutrie; ci si metteva in fila per ore in religioso ordine, trattenendo il respiro dietro una mascherina, per fare la spesa in un silenzio assordante, trapuntato dal sottofondo musicale e da voci che invitavano al distanziamento di almeno un metro. Nella fretta del grande Tetris che è la vita, non mi ero mai accorta che ci fosse stata la musica al supermercato…

Dopo lo shock iniziale, abbiamo ripreso a respirare, ma con quei respiri profondi che calmano lo spirito e ossigenano il cervello. Poco dopo, abbiamo cercato nuove prospettive così da reagire e lottare per il diritto di poter vivere la propria vita e quella dei nostri cari, minacciata da un nemico invisibile e subdolo. Abbiamo continuato a lavorare in remoto, abbandonando la tuta e rimettendo con orgoglio la camicia e il rossetto, se pur con i capelli spettinati e un po’ stinti; abbiamo donato maschere da snorkeling che han dato un respiro a chi voleva poter continuare a vedere i pesci rossi del proprio acquario.  Abbiamo inventato il tele-aperitivo, perché condividere un calice allontana la paura. Ci siamo inventati la didattica a distanza in pochi giorni, abbiamo impastato con i nostri bimbi qualunque tipo di farina e lievito reperibili, giacchè siamo nati per creare, anche se qualcuno spesso lo dimentica, perché troppo concentrato a distruggere. Più che un vivere con lentezza (ciao Luis) è stato un turbinio di emozioni e di attività in tutti gli ambiti, durato giornate in cui dì e notte, vita e lavoro si mischiavano insieme indistintamente, senza un orario fisso. Abbiamo riscoperto la solidarietà, di cui i nostri alpini sono magnifici esempi. Abbiam messo a disposizione idee, competenze o anche solo un sorriso regalato dall’ironia di meme stupendi che ci hanno fatto ridere, anche quando ci si sarebbe aspettati di fare il contrario.

Siamo stati un po’ astronauti, sparati con un razzo in un’orbita fuori dalla Terra, in una realtà dove il sopra si confondeva col sotto e occorreva imparare di nuovo a camminare e nuotare. E poi c’era chi doveva indossarlo, davvero, lo scafandro. Guidavano ambulanze, le cui sirene erano la colonna sonora più ascoltata, sia di notte che di giorno. Accoglievano e curavano i malati in ospedale, facendo le veci dei parenti che non potevano assisterli. Anche per tutto il mondo sanitario la situazione era nuova e inusuale, ma i suoi operatori son riusciti, gradualmente, ad aumentare il numero di guariti, a volte rimettendoci, la LORO, di vita. Una mattina mi son svegliata … e Bella Ciao era l’inno di resistenza contro un nemico impalpabile. Non so se prima di quel risveglio esisteva una normalità o se la nuova vita sarà come la precedente. Siamo vivi e siamo pronti a scoprirlo, camminando e correndo su gambe appesantite e un cuore forte, che non dimentica chi non è più accanto a noi.

Per noi i guerrieri non sono quello che voi intendete. Il guerriero non è chi combatte, perché nessuno ha il diritto di prendersi la vita di un altro. Il guerriero per noi è chi sacrifica sé stesso per il bene degli altri. È suo compito occuparsi degli anziani, degli indifesi, di chi non può provvedere a sé stesso e soprattutto dei bambini, il futuro dell’umanità.”

Toro seduto

 

Grazie a tutti coloro che in remoto hanno contribuito a questo numero speciale, soprattutto agli infermieri di Como e al fotografo rovellaschese Marco Cattaneo, che ci ha regalato l’immagine di copertina.

#quellichenonmollano