Impianti di Condizionamento e Ventilazione Meccanica per il contenimento del contagio da SARS-CoV-2

Impianti di Condizionamento e Ventilazione Meccanica per il contenimento del contagio da SARS-CoV-2

Notizie

di Mauro Volontè
Presidente dell'Ordine degli Ingegneri di Como

L’emergenza Covid-19 ha senza dubbio posto l’attenzione sul ruolo degli impianti di ventilazione e di trattamento aria e su come i criteri di realizzazione, uso e manutenzione di tali impianti influenzino la propagazione degli agenti infettivi e patogeni, in particolar modo negli ambienti chiusi.

Prima di tutto, per comprendere il meccanismo di diffusione, è importante fare una netta distinzione tra virus e batteri, che spesso vengono confusi o addirittura assimilati.

Virus

I virus sono entità biologiche estremamente piccole, con dimensioni comprese tra 0,02 e 0,3 micron (1 micron = 0,001 millimetri), visibili soltanto al microscopio elettronico. Queste entità sono costituite da materiale genetico (DNA o RNA) e possiedono caratteristiche da parassita obbligato, pertanto sono in grado di sopravvivere e di replicarsi solamente all’interno delle cellule dei tessuti dell’organismo ospite. La loro resistenza in aria aperta o su superfici di differenti materiali è generalmente bassa, anche se alcuni virus respiratori, come ad esempio il SARS-CoV-2, possono sopravvivere più a lungo al di fuori di un organismo ospite.

Dalle recenti analisi scientifiche si è appreso che la morfologia del nuovo virus SARS-CoV-2 è tipica dei coronavirus, cioè di tipo rotondeggiante con un diametro di circa 0,1-0,15 micron, e dotato di numerose creste atte ad inoculare il materiale genetico infettante.

Batteri

I batteri, invece, sono dei microorganismi unicellulari, dotati quindi di una sola cellula, solitamente più grandi dei virus e di dimensioni generalmente comprese tra 0,2-10 micron. I batteri, proprio perché sono microrganismi unicellulari completi, sono molto resistenti anche al di fuori dell’organismo ospite.

Meccanismi di trasmissione

I virus, proprio per le loro piccolissime dimensioni, hanno bisogno di un “veicolo” per muoversi, il quale deve avere dimensioni maggiori. Normalmente, come nel caso del SARS-CoV-2, vengono aerotrasportati dalle cosiddette goccioline (DROPLETS) e il contagio può facilmente avvenire per via aerogena, attraverso l’aerosol respiratorio emesso dalla persona che ospita il virus, specialmente durante colpi di tosse o starnuti. L’aerosol emesso possiede caratteristiche dimensionali comprese fra 1 e 10 micron, pertanto fortemente veicolante il virus in oggetto. Inoltre più è alta la concentrazione di goccioline in un determinato e limitato volume d’aria, più la concentrazione di virus può essere elevata e quindi la carica virale può essere maggiore.

Altre metodologie di trasmissione, fino ad ora identificate, sono i contatti diretti tra le persone e indiretti, cioè portandosi la mano a contatto con occhi, naso o bocca dopo aver toccato superfici contaminate dalla persona infetta.

Non essendoci documenti scientifici riguardo il SARS-CoV-2, data la sua storia recente, sono in corso studi per comprendere meglio le modalità di trasmissione e le caratteristiche peculiari di questo virus.

Per questo motivo è opportuno valutare le tecniche di protezione delle vie aeree per impedire all’aerosol che trasporta il virus, di entrare od uscire dall’organismo umano.

Si parla molto di mascherine, ma è opportuno comprendere che non tutte hanno la stessa efficacia: il fattore essenziale che le distingue, oltre alla forma e l’aderenza al viso, è la capacità di filtrazione, caratteristica che ostacola il passaggio delle particelle, delle goccioline e quindi del virus.

Le mascherine rivestono ad oggi un ruolo importante per la protezione delle vie respiratorie umane come le diverse tipologie di filtri (vedi figura A) lo rivestono negli impianti aeraulici, questi ultimi assimilabili per analogia all’apparato respiratorio dell’edificio.

Figura A

Gli impianti aeraulici, in funzione del loro utilizzo e delle tipologie di filtro installate, possiedono una differente capacità filtrante, anche chiamata efficienza di filtrazione.

Risulta quindi interessante effettuare una breve analisi relativa ad alcune casistiche di impianti di climatizzazione in funzione al loro utilizzo ed agli effetti che generano in relazione alla diffusione del contagio all’interno degli edifici, partendo dall’applicazione a maggior sicurezza.

Cleanroom o Camere Bianche

Negli usi speciali, come cleanroom o camere bianche (esempio la sala operatoria), si utilizza un “treno” di filtrazione composto da:

  • filtri ad alta efficienza (F7-F9 ex normativa UNI EN 779) che corrisponde con l’attuale norma internazionale ISO 16890 con filtro, ePM165% – ePM199% che vuol dire efficienza per un particolato con dimensione pari a 1 micron dal 65% al 99% (vedi tabella di confronto)

 

Corrispondenza fra la classificazione EN 779:2012 (abrogata) e la nuova ISO 16980

  • filtri assoluti sui terminali ambiente del tipo HEPA con efficienze elevatissime e rappresentate nella seguente tabella

Nelle cleanroom (vedi Figura A), dove c’è necessità di ingenti portata d’aria per mantenere la perfetta pulizia degli ambienti (assenza di polvere e di contaminanti), la maggioranza dell’aria viene prelevata dall’interno, ricircolata (circa 15-20 volumi/h) e “pulita” mediante la filtrazione “assoluta” dalle particelle che contengono il contaminante.

Esempio di cleanroom:

Figura B

Ventilazione Meccanica Controllata settore residenziale

Nel settore residenziale, le nuove abitazioni dotate di impianti di ventilazione meccanica controllata, installati anche ai fini del risparmio energetico, in relazione al contagio da COVID-19 si trovano in una situazione favorevole, dato che il funzionamento di tali impianti può avere effetti migliorativi.

In questi impianti le macchine sono dotate di due ventilatori (uno di immissione ed uno di estrazione dell’aria), un recuperatore di calore statico, filtri sui canali di aspirazione aria esterna ed immissione negli ambienti serviti e soprattutto percorsi dei flussi d’aria senza punti di miscelazione, in sostanza l’aria espulsa e l’aria immessa non vengono mai a contatto diretto (vedi figure C).

Il ventilatore di estrazione preleva l’aria interna e la espelle all’esterno, rimuovendo quindi le particelle sospese nell’aria degli ambienti interni.

 

 

 

 

 

Figura C

Il ventilatore di mandata immette nell’ambiente l’aria esterna dopo che questa ha attraversai filtri aventi efficienze più o meno spinte; tenendo conto che l’aria esterna viene considerata come non contaminata dal virus, questi impianti hanno un effetto positivo sulla qualità dell’aria interna.

Negli ambienti ove è assente un sistema di ventilazione meccanica è invece necessario aprire frequentemente le finestre per areare adeguatamente gli ambienti.

Impianti misti aria-acqua

Nel settore terziario, come ad esempio uffici, la climatizzazione degli ambienti è tipicamente realizzata con impianti misti aria-acqua (figura D). Il sistema aeraulico, è composto da una rete di canali che immette negli ambienti interni aria esterna di rinnovo, chiamata aria primaria, opportunamente filtrata, allo scopo di garantire il necessario ricambio igienico e controllare i carichi termici latenti dovuti all’umidità presente nell’aria.

Al sistema idronico, composto da terminali di riscaldamento e/o raffreddamento in ambiente alimentati con acqua (ad esempio il fan-coil o ventilconvettore), è invece affidato il compito di controllare i carichi termici sensibili.

Figura D

Gli impianti di climatizzazione, così realizzati, possono anche essere dotati di filtri ad elevata efficienza sia sull’unità di trattamento aria che sui terminali di emissione (un esempio sono i filtri elettrostatici installati a bordo dei fan-coil). La contemporaneità di filtrazione e diluizione con aria esterna permette di ridurre la presenza di particolato e di aerosol, contribuendo in tale maniera alla riduzione dei rischi di contagio.

Si pone però il problema negli ambienti di tipo open space, dove le postazioni di lavoro sono fisse. In questi ambienti i terminali di emissione (i fan-coil o ventilconvettori) potrebbero risultare installati in prossimità alla postazione di lavoro di una persona infetta. Quindi l’aria della zona infetta ricircolata dal ventilconvettore verrebbe diffusa nel resto dell’ambiente, contaminando le altre postazioni sicure e rischiando di infettare le persone che le occupano (casistica analoga ad impianto centralizzato che serve più ambienti ove le persone non effettuano spostamenti da un locale all’altro).

Tale criticità è da tenere in considerazione perché potrebbe giocare un ruolo negativo, per questo negli ambienti con presenza di più persone in postazioni fisse è da valutare attentamente l’esclusione del terminale interno, utilizzando solo l’aria primaria ed applicando quindi il free cooling. L’esclusione del terminale provoca anche l’impossibilità di regolare in maniera corretta la temperatura interna degli ambienti, rischiando seriamente di perdere il comfort termico e generando ulteriore stress agli occupanti (dalla letteratura si evince che in situazioni stressanti il sistema immunitario perde efficacia). La valutazione va condotta anche considerato la tipologia di filtro installata a bordo del ventilconvettore. Nel caso di filtri a carboni attivi od elettrostatici la possibilità di esclusione non si pone, dato che queste tipologie di filtro hanno un’elevata capacità di filtrazione pari, o superiore, a quella dei filtri assoluti. Si può agire sull’aumento della frequenza manutentiva e di sanificazione.

Nel caso di ambienti sempre open space, ma di dimensioni maggiori dove le persone si muovono in tutte le zone, il terminale di emissione potrebbe invece giocare un effetto positivo. In tali ambienti esistono delle zone, di passaggio obbligato, in cui vi è per consuetudine un’elevata concertazione di persone (zona casse o banco vendita) che genera quindi un’elevata concentrazione di contaminante, mettendo a rischio la sicurezza delle persone anche se queste indossano i necessari dispositivi di protezione individuale. Il terminale aspirando l’aria da queste particolari zone e diffondendola nel resto dell’ambiente, permette un abbassamento della concentrazione di contaminante per mezzo della diluizione e conseguentemente un abbassamento della possibilità di contagio.

Ovviamente queste valutazioni devono essere attentamente soppesate, caso per caso e ricorrendo ad un professionista che possa effettuare una specifica analisi dei rischi.

Impianti a tutt’aria

Meritano invece una puntualizzazione a parte gli impianti di climatizzazione a tutt’aria, tipici del settore commerciale, ovvero quelli nei quali si immette nell’ambiente aria di tipo miscelato derivata dall’unione di una quota parte di aria esterna e una quota parte di aria ricircolata, cioè prelevata dall’ambiente interno (vedi figura E).

Figura E

Se la macchina che tratta l’aria (Unità di Trattamento Aria o UTA) è destinata a servire un unico ambiente, non si hanno problematiche di diffusione dell’agente contaminante. Questo avviene perché l’aria estratta dall’ambiente è inviata all’unità di trattamento, miscelata con aria aspirata dall’ambiente esterno e convogliata nuovamente verso il locale servito, senza influenzare gli altri locali che costituisco l’edificio.  Inoltre le condizioni di qualità dell’aria all’interno dell’ambiente servito migliorano perché, oltre alla diluizione dell’agente contaminante ottenuta mediante la miscelazione dell’aria estratta dal locale (sporca-contaminata) con l’aria esterna (pulita), si ha anche l’effetto dei sistemi di filtrazione costituiti da filtri ePM1 50% – ePM1 65% (ISO 16890), che per par­ticelle di 1 micron (tipici dell’aerosol), hanno un intervallo di efficienza fra l’50% ed il 65%, pari ai filtri F7 (vecchina normativa UNI EN 779) rendendo l’aria reimmessa di qualità migliore rispetto a quella prelevata dall’ambiente.

I supermercati, che attualmente sono la maggioranza degli esercizi commerciali attivi, sono tipicamente ad unica zona e pertanto, se dotati di impianto di condizionamento a tutt’aria, possono sfruttare l’effetto favorevole del meccanismo diluizione-filtrazione descritto precedentemente. Per i terminali di emissione, tipicamente cassette di climatizzazione a soffitto, vale il discorso degli ambienti open space con movimento di persone.

Ai fini di una maggior tutela si può agire chiudendo la serranda del ricircolo sull’UTA, escludendo quindi la miscelazione dell’aria esterna con l’aria aspirata dall’ambiente (configurazione di sola immissione), controllando preventivamente che il ventilatore non si trovi così a lavorare in punti d’instabilità od al di fuori della sua curva caratteristica, onde evitare danni o guasti all’impianto.

Ovviamente se l’unità di trattamento è stata realizzata per funzionare anche con tutta aria esterna variando la configurazione del ventilatore (riducendo il suo numero di giri, o agendo sulla frequenza dell’inverter oppure variando il diametro della puleggia), la chiusura della serranda di ricircolo non genera alcuna problematica e quindi si può garantire il lavaggio dell’aria interna. Certo si avrà un maggior utilizzo di potenza termica, ma calmierato viste le attuali condizioni climatiche esterne non particolarmente rigide e poco distanti da quelle d’impiego del solo free cooling.

Ragionamento diverso deve però essere fatto per quegli esercizi commerciali, dove è presente una UTA di tipo centralizzato, che quindi serve contemporaneamente diversi ambienti. In questa configurazione, l’aria che viene prelevata da un’ambiente eventualmente contaminato dal virus, attraverso il ricircolo centralizzato, può essere inviata in tutte le altre zone contaminandole. In questo caso è assolutamente necessario che il gestore degli impianti provveda alla chiusura dei ricircoli dell’aria. Normalmente queste configurazioni impiantistiche sono al servizio dei negozi nei centri commerciali. Ad oggi, per ragioni emergenziali e di contenimento del virus SARS-CoV-2, nei centri commerciali sono attivi solo i supermercati mentre i restanti negozi sono chiusi, ottenendo quindi una situazione che per analogia funzionale è del tutto paragonabile a quella degli impianti a tutt’aria che servono una singola zona.

In conclusione si può affermare che gli impianti di climatizzazione non possono essere considerati a priori promotori del contagio all’interno degli ambienti. Anzi nei casi analizzati possono essere di addirittura di aiuto al mantenimento della salubrità dell’aria, e del comfort termico (non aggravando i livelli di stress) negli ambienti interni.

Resta sicuramente di fondamentale importanza l’attenta valutazione dei rischi, la frequente manutenzione e sanificazione dei componenti impiantistici ed il rispetto delle misure di sicurezza da parte di ogni singolo cittadino: uscire di casa solo se strettamente necessario, l’utilizzo di dispositivi di protezione individuale (come le mascherine, i guanti, ecc.), l’igiene frequente e metodica delle mani ed il distanziamento sociale (quantificato pari ad minimo di un metro).

ing. Mauro Volontè – Presidente Ordine Ingegneri della provincia di Como

                            Segretario CROIL con delega alla Commissione Impianti

di Mauro Volontè
Presidente dell'Ordine degli Ingegneri di Como