COMPETENZA DEGLI INGEGNERI PER LA PROGETTAZIONE DELLE OPERE VIARIE

COMPETENZA DEGLI INGEGNERI PER LA PROGETTAZIONE DELLE OPERE VIARIE

Una recente sentenza del Consiglio di Stato (Sez. V, 14.1.2021, n. 1255) ha chiarito il riparto di competenze professionali tra ingegneri ed architetti in materia di progettazione delle strade.

Occorre, preliminarmente, ribadire il principio fondamentale previsto dall’art. 14 del Codice della Strada, in forza del quali gli Enti proprietari delle strade devono garantire la sicurezza e la fluidità della circolazione.

Ciò vale ad improntare, come espressamente si legge nell’art. 14 cit., la manutenzione, gestione, pulizia delle strade ed il controllo tecnico della loro efficienza, ma certamente e a fortiori, la costruzione di nuove strade

La nostra Provincia, proprio in questo periodo, vede l’avvio dei lavori per la cd. Variante della Tremezzina dalla quale ci si attende, appunto, sicurezza e fluidità della circolazione in tutta la zona del centro lago grazie a quest’opera di alta ingegneria.

La sentenza sopra richiamata ha affermato: “(…) per consolidato intendimento, la progettazione delle opere viarie che non siano strettamente connesse con i singoli fabbricati, è di pertinenza degli ingegneri, in base all’interpretazione letterale, sistematica e teleologica degli art. 51, 52 e 54, r.d. 23 ottobre 1925, n. 2537 (Regolamento per le professioni d’ingegnere e di architetto), in quanto le ridette previsioni regolamentari sono espressamente mantenute in vigore dall’art. 1, d.p.r. n. 328 del 5 giugno 2001, oltre che dagli art. 16 (per gli architetti) e 46, comma 2 (per gli ingegneri iscritti alla sezione A), di cui allo stesso d.p.r. (cfr. Cons. Stato, sez. V, 15 dicembre 2020, n. 8027; Id., sez. V, 17 luglio 2019, n. 5012). In particolare, l’art. 51 cit. prevede che “sono di spettanza della professione d’ingegnere il progetto, la condotta e la stima dei lavori per estrarre, trasformare ed utilizzare i materiali direttamente od indirettamente occorrenti per le costruzioni e per le industrie, dei lavori relativi alle vie ed ai mezzi di trasporto, di deflusso e di comunicazione, alle costruzioni di ogni specie, alle macchine ed agli impianti industriali, nonché in generale alle applicazioni della fisica, i rilievi geometrici e le operazioni di estimo”; e l’art. 54, ai commi 2 e 3, precisa che, mentre gli ingegneri “sono autorizzati a compiere anche le mansioni indicate nell’art. 51 del presente regolamento, eccettuate le applicazioni industriali”, le competenze dell’architetto sono espressamente escluse “per le applicazioni industriali e della fisica, nonché i lavori relativi alle vie, ai mezzi di comunicazione e di trasporto e alle opere idrauliche”. Se, perciò, è ancora ammissibile (alla luce di una nozione estensiva di “edilizia civile”) abilitare la figura professionale dell’architetto alla sottoscrizione dei progetti relativi alla realizzazioni tecniche di carattere rigorosamente accessorio, preordinate al mero collegamento di opere edilizie alla viabilità ad esse strettamente servente (cfr. Cons. Stato, sez. II, 12 marzo 2015, n. 1692/12 e Id., sez. VI, 15 marzo 2013, n. 1550), alcuna estensione si legittima in relazione alle “proposte progettuali migliorative” ovvero alle “varianti” di cui all’art. 95, comma 14 e 94, comma 1 lettera a) d. lgs. n. 50/2016, che, nella loro attitudine integrativa o modificativa, sono in ogni caso accessorie all’opera viaria, e non certamente alle opere di edilizia civile (cfr., in termini, Cons. Stato, sez. V, 15 dicembre 2020, n. 8027; Id., sez. V, 20 novembre 2018, n. 6552) (…)”.

Tale pronuncia contiene anche un interessante chiarimento sulla natura del cd. rendering, nell’ambito di una procedura aperta per l’affidamento, mediante il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, dei lavori di realizzazione di una strada di collegamento.

In punto, il Consiglio di Stato ha affermato: “(…) le fotografie allegate all’offerta, ai fini della produzione del c.d. rendering, non possono essere considerate alla stregua di un vero e proprio elaborato, concretando esclusivamente una prospettazione ‘virtuale’ preordinata a dare un’idea quanto più possibile prossima alla realizzazione finale dell’opera programmatica, consentendone una analisi visuale più ‘realistica’ ed immediata rispetto ad una semplice rappresentazione grafica. (…) Ne discende che l’eventuale (e per giunta marginale) discrepanza tra la rappresentazione virtuale prospettica (realizzata con il ricorso a foto satellitari) e la realtà effettuale dei luoghi (quale risultante dagli elaborati progettuali ed oggetto, come tale, di strumentale sopralluogo dell’impresa) è del tutto irrilevante. Men che meno se ne può ipotizzare, quale causa di automatica estromissione, la obiettiva falsità, ai sensi dell’art. 80, comma 5 lettera f-bis) d. lgs. n. 50/2016, che si riferisce esclusivamente, nella sua valenza residuale, alla intenzionale alterazione, sul piano materiale od ideologico, di dati essenziali di realtà, idonei a pregiudicare in guisa obiettiva (di là da ogni concreto e contestualizzato apprezzamento di rilevanza e decisività) il percorso acquisitivo e valutativo della stazione appaltante (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., 28 agosto 2020, n. 16): il che, per quel che precede, deve essere radicalmente escluso nel caso in esame. (…)”.

 

Avv. Mario Lavatelli

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