CARTA ECOETICA
L’esercizio della deontologia, come è stato precisato dalla dottrina (I. Cacciavillani), costituisce un‘attività fondamentale degli Ordini e dei Collegi , insieme alla tenuta degli albi ed all’autodichia, vale
a dire la celebrazione del giudizio disciplinare.
Le regole deontologiche prendono origine dall’etica comune, ma poi:” ulteriormente si qualificano
per la particolare sensibilità etica e culturale dei professionisti e per la molteplicità e complessità
delle istanze umane che l’esercizio della professione pone continuamente innanzi a ciascuno di loro.”
(P. Piscione in Enc. diritto).
E’ stato giustamente osservato in una pubblicazione dell’Ordine degli ingegneri di Trieste del 2017,
con la collaborazione dell’Università degli studi di Trieste, che esistono principi etici che non hanno
risvolti deontologici, come il dovere costituzionale secondo cui “Ogni cittadino ha il dovere di
svolgere secondo le proprie possibilità e la propria scelta un’attività o una funzione che concorra al
progresso materiale o spirituale della società.” (art. 4).
Questo importante dovere ha natura etica, ma non ha diretto riscontro deontologico perché il
codice deontologico non prevede sanzioni al riguardo.
L’impegno degli ingegneri si è rivolto da tempo ad attribuire rilievo all’etica contestualizzandola alle
esigenze attuali della collettività, ad esempio per la sicurezza, l’inquinamento, lo sfruttamento
dell’energia etc.
Il Consiglio nazionale ha pertanto rielaborato la Carta Ecoetica che propone la formazione, presso
la Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Comitato nazionale di ecoetica al fine di svolgere attività
di consulenza per favorire l’affermazione di un’armonica interpretazione e composizione delle
istanze economiche, energetiche, ambientali e sociali in una prospettiva di complessiva
sostenibilità.
Si tratta di un impegno molto apprezzabile perché con esso il Consiglio nazionale si è fatto carico di
una responsabilità inter-generazionale per rendere effettiva la sostenibilità.
Entrano nei fondamenti della Carta: la libertà responsabile, la sostenibilità dei modelli di sviluppo,
gli stili di vita individuali e collettivi, i processi di governance, le aree antropizzate e non antropizzate,
il patrimonio edilizio ed il paesaggio, la mobilità sostenibile, l’atto progettuale e produttivo e le
giovani generazioni.
Si rende così operativo un concetto fondamentale e cioè che i diritti sono i doveri degli altri.
I professionisti e, quindi, nello specifico, gli ingegneri si mettono a disposizione della collettività
esercitando liberamente un dovere che non è strettamente previsto nel codice deontologico, ma
trova riscontro nella norma costituzionale citata.
Il progresso materiale o spirituale della società può avvenire grazie anche all’impegno dei
professionisti che mettono al suo servizio la competenza, l’esperienza, la pratica esercitata con
dedizione in una dimensione che supera l’incarico ricevuto dal singolo cliente, ma che dagli incarichi
ricevuti e svolti trae spunto per esprimere valutazioni di più ampia portata.
Nel convegno organizzato dall’Ordine di Trieste è stato citato Aristotele, dall’Etica nicomachea,
secondo il quale:” ogni arte e ogni scienza, e così ogni azione e ogni proposito, sembrano rivolgersi
alla ricerca di qualche bene e perciò opportunamente si è chiamato bene ciò a cui tutte le cose
tendono”.
Al definitivo gli ingegneri hanno voluto dimostrare, concretamente, che la professione non è rivolta
esclusivamente all’espletamento di un incarico ricevuto, con giusta remunerazione, ma a concorrere
al bene inteso come bene comune.
La stessa nozione di sostenibilità implica una continuità dello sviluppo delle attività orientata perciò
al bene comune, superando interessi particolaristici che vi si possano contrapporre.
Costituisce un “proprio” dell’ingegnere la progettualità e quindi anche la programmazione che è
quanto il Consiglio nazionale ha voluto offrire alla collettività attraverso un Comitato nazionale di
ecoetica, vale a dire soprattutto orientamenti di pensiero proiettati nel medio-lungo periodo.
Soni i grandi temi della resilienza degli ecosistemi, dei tassi di rigenerabilità, dei consumi di energie
non rinnovabili, del consumo di suolo etc.
Ciò che manca nel nostro Paese sembra essere un’effettiva programmazione nei vari settori ed un
coordinamento delle professionalità che pure sono presenti e qualificate nelle Università, negli
Ordini e Collegi professionali, nelle Associazioni di categoria etc.
Non bastano normative “di principio”, spesso rimaste inattuate, occorrono programmazione e
progettualità che nascano da esperienze “sul campo” e dalla generosità di chi ha mente e cuore alle
nuove generazioni.
Avv. Mario Lavatelli